La transazione nell’ordinamento civile italiano: disciplina e modalità dell’accordo transattivo

Della transazione si parla spesso come uno strumento alternativo per prevenire o risolvere, in via stragiudiziale, una lite fra due o più parti. La natura della transazione è quella di un vero e proprio contratto tipico, ma può avere ad oggetto solo diritti disponibili, sui quali cioè le parti possono fare reciproche concessioni.

 

Cos’è la transazione

Il nostro Codice civile contiene un intero capo dedicato all’istituto della transazione, il cui ambito di applicazione è talmente vasto da poter ricomprendere la quasi totalità delle controversie. L’unico limite all’esercizio della transazione è dato dall’esistenza di diritti indisponibili, ovvero sui quali le parti non sono legittimate a trattare, come i diritti personali e alcuni diritti di carattere patrimoniale (ad esempio, quello agli alimenti, alla retribuzione e alle ferie).

L’art. 1965 del Codice civile definisce la transazione come uno strumento di composizione delle liti, con cui le parti si accordano in merito a una controversia già insorta o ancora in divenire. La stessa norma si occupa anche di spiegare come funziona una transazione: per raggiungere l’accordo, tutti i contraenti rinunciano a parte delle loro pretese, concedendosi reciprocamente un vantaggio e, così facendo, evitano la necessità di una risoluzione giudiziale. Per queste sue modalità di svolgimento, la transazione si inquadra, dunque, nella categoria dei contratti consensuali a prestazioni corrispettive.

Nel momento in cui si perfeziona, l’accordo contrattuale estingue in via definitiva la lite, con la stessa efficacia di una sentenza passata in giudicato. Quando possibile, il ricorso alla transazione è sempre preferibile, rispetto all’instaurazione di un giudizio, perché da un punto di vista pratico consente di ottenere un risultato certo, più rapido e dai costi più contenuti.

 

Gli elementi costitutivi della transazione

Presupposto oggettivo del contratto di transazione è l’esistenza o il probabile insorgere di una lite tra le parti, ovvero un rapporto compromesso da un conflitto di pretese o dalla rivendicazione di diritti, negati dalla controparte. Quando la controversia è attuale, quindi già pendente di fronte a un giudice, si parla di transazione giudiziale: in questo caso sarà l’organo giudicante a tentare di comporre le ragioni delle parti, proponendo un accordo in sede di conciliazione.

Quando invece la lite è potenziale, per il perfezionamento del contratto di transazione è necessario che siano le parti stesse a porre in essere un accordo, con il quale rinunciano vicendevolmente ad alcune delle reciproche pretese. A questo proposito, vale la pena ricordare che la giurisprudenza ha instaurato un ampio dibattito circa la forma e il contenuto dell’atto di rinuncia: sulla base delle numerose pronunce, si può dedurre che, perché si possa parlare di avvenuta transazione, basta che l’accordo delle parti sulle reciproche concessioni possa essere desunto sinteticamente, ma con certezza […] dal nuovo regolamento di interessi. (Cass. 12182/91 e altre concordi).

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Cause di invalidità della transazione

La legge impone che il contratto di transazione debba essere provato per iscritto, elencando anche una serie di atti pubblici e scritture private per i quali la forma scritta è prevista ad substantiam, a pena di nullità (ad esempio, i contratti di locazione di immobili con durata superiore a nove anni, quelli che trasferiscono la proprietà di beni immobili, i contratti di società o associazione e altri). Le norme del Codice che disciplinano la transazione si occupano anche di indicare i casi in cui il contratto è impugnabile perché nullo o annullabile.

a) Ricorre il caso di nullità della transazione quando:

  • il contratto ha per oggetto diritti indisponibili delle parti;
  • manca la forma scritta richiesta ad substantiam;
  • il contratto è illecito.

b) La transazione è invece soggetta ad annullamento se:

  • una delle parti aveva la consapevolezza della temerarietà della sua pretesa;
  • il contratto è relativo a un titolo nullo;
  • l’accordo è stato raggiunto sulla base di documenti falsi;
  • il contratto è stato stipulato per una lite già estinta con sentenza passata in giudicato;
  • il contratto riguarda un affare determinato sul quale una delle parti non aveva nessun diritto.

 

La transazione novativa e la risoluzione della transazione

Quando le parti concludono un accordo transattivo che sostituisce un precedente contratto avente lo stesso oggetto, la transazione si definisce novativa e in capo alle parti sorgono nuove reciproche obbligazioni, diverse per oggetto e condizioni. La legge fa riferimento alla transazione novativa anche nell’ambito della disciplina della risoluzione per inadempimento del contratto, stabilendo che quest’ultima non può essere chiesta nel caso in cui un rapporto precedente si sia estinto a causa di novazione. Tale disposizione si fonda proprio sul fatto che il vecchio rapporto risulta ormai definitivamente sostituito da quello derivante dalla transazione novativa, ma fa salvo il caso in cui il diritto alla risoluzione sia espressamente contenuto nelle condizioni dell’accordo transattivo.

La transazione nell’ordinamento civile italiano: disciplina e modalità dell’accordo transattivo