Il Covid-19 continua inesorabilmente il proprio decorso e purtroppo le misure di contenimento della pandemia che sono state adottate anche dagli altri Paesi esteri, costeranno molto care all’economia italiana.
Secondo gli ultimi dati rilevati pare che la situazione italiana non sia delle migliori.
Abbigliamento e metallurgia tra i settori più colpiti
Gli effetti del lock-down si fanno ben sentire in quasi tutti i settori, ma quelli che sono stati duramente colpiti riguardano il tessile e l’abbigliamento, gli apparecchi elettrici, gli autoveicoli, i macchinari, mentre, la situazione sembra essere leggermente migliore per quel che riguarda il settore legato alle bevande e agli alimentari.
Il coronavirus, dunque, fa segnare al nostro Bel Paese un nuovo record negativo.
Secondo diverse ricerche eseguite qualche mese fa è stato appurato che la produzione industriale ha subito un netto calo in termini di domande, un dato alquanto sconcertante e che mette a segno un tracollo senza precedenti.
La situazione odierna sembra essere molto più drammatica rispetto alla crisi del 2008-2009.
Secondo le rilevazioni Istat, tutti i settori registrano un trend negativo, ma nel dettaglio, ecco quali sono state le contrazioni più rilevanti:
- -52,6% fabbricazione di mezzi di trasporto;
- -51,6% industrie tessili e abbigliamento;
- -40,1% fabbricazione di macchinari;
- -37% metallurgia.
Come anticipato in precedenza, si è registrato un calo minore per quel che riguarda il settore alimentare e delle bevande (-6,5%).
Secondo alcuni economisti, l’Italia potrebbe rivedere nuovamente la luce attraverso il Decreto Rilancio, ma naturalmente si tratta di ipotesi e in quanto tali vanno prese con le dovute precauzioni.
L’allarme di Confcommercio
Di fronte a tale situazione, il 9,6% delle imprese rischia di chiudere completamente se la situazione economica non dovesse migliorare.
Questo è l’allarme lanciato da Confcommercio.
Purtroppo, il rischio dell’azzeramento dei ricavi va considerato, dal momento che c’è un’assenza di domanda e d’altro canto i costi fissi permangono, che secondo l’Istat per alcune imprese arrivano a sfiorare addirittura il 54%.
Questa situazione riguarda tutte le imprese anche quelle non sottoposte al lock-down; dunque, il 10% delle imprese rischia di chiudere completamente i battenti.
Ma ci sono molti altri settori che sono stati duramente colpiti da questa tragedia e riguardano: gli alberghi, i ristoranti e tutte le aziende legate alla cura e al benessere della persona.
Se poi andiamo ad analizzare altresì le dimensioni aziendali, il segmento che è stato maggiormente colpito è quello costituito dalle micro-imprese: basti pensare che in questo caso anche solo un 10% di riduzione degli introiti è sufficiente per far chiudere completamente l’attività.
Dati negativi in aumento
L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) parla di “dati negativi senza precedenti”, considerando che sono all’incirca 270 mila le imprese che rischiano di chiudere definitivamente l’attività, tenendo anche conto del fatto che a marzo del 2020 il calo della produzione industriale è stato del 28,4% rispetto a febbraio.